Per trasferire, in tutto o in parte un’azienda o singole quote di una società, a uno o più discendenti è possibili stipulare davanti a un notaio per atto pubblico a pena di nullità il cosiddetto “Patto di famiglia”.
A cosa serve e quando è stato istituito
Nel 2006 il legislatore italiano ha introdotto con la legge 55/2006 l’istituto del Patto di famiglia (articoli da 768bis a 768octies c.c.) che ha lo scopo di consentire la gestione del “passaggio generazionale” di un’impresa a carattere familiare. Infatti, attraverso questa forma di contratto (che pur incidendo sulla successione testamentaria rientra nella categoria dei negozi inter vivos), l’imprenditore può trasferire, in tutto o in parte, a uno o più discendenti, l’azienda o singole quote di partecipazione societaria, eliminando così ogni contestazione in sede di eredità. Resta, però, ferma la nullità dei Patti successori.
Come avviene la stipula del Patto di famiglia
Il patto di famiglia viene stipulato da un notaio per atto pubblico a pena di nullità,
Requisito di validità del patto di famiglia è la partecipazione di tutti coloro che sarebbero legittimari laddove (al momento del contratto) si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore.
Il testamento è l’unico strumento attraverso cui una persona può regolare la propria successione.
Il testamento permette ad un soggetto di disporre dei propri beni a favore di chi vuole nel rispetto delle quote di riserva.
È un atto strettamente personale: non può essere redatto da un rappresentante.
Secondo l’ordinamento italiano esistono tre forme di testamento ordinario:
• testamento olografo
• testamento pubblico
• testamento segreto
E’ la forma più semplice, economica e pratica per esprimere le proprie volontà, non richiede la presenza né del Notaio né di testimoni.
A tal proposito si deve distinguere tra quota di legittima e quota disponibile
La quota di legittima. E’ la parte del patrimonio di cui il testatore (colui che redige un testamento) non può disporre, in quanto la legge riserva detta parte ai parenti legittimari, talvolta contro le disposizioni testamentarie lasciate dal testatore stesso.
La quota disponibile. E’ invece quella parte di patrimonio di cui il testatore può liberamente disporre in favore di chiunque, che può essere anche una persona non legata a lui da rapporti di parentela.
Gli eredi non hanno diritto di accedere alla polizza vita stipulata dal de cuius in favore di terze persone. E’ quanto stabilito dalla Cassazione con la sentenza 17790/2015 secondo la quale “in tema di trattamento dei dati personali, tra i dati concernenti persone decedute, ai quali hanno diritto di accesso gli eredi, a norma dell’articolo 9, terzo comma, D.Lgs 196/2003, non rientrano quelli identificativi di terze persone, quali sono i beneficiari della polizza sulla vita stipulata dal de cuius, ma soltanto quelli riconducibili alla sfera personale di quest’ultimo”. Questo significa, secondo l’interpretazione dei giudici, che il diritto di accesso riconosciuto dall’articolo 9 D.Lgs 196/2003 ha ad oggetto i dati personali che riguardano direttamente la persona richiedente che, per legge, è l’unica titolare dell’interesse, meritevole di tutela, a ricevere quelle informazioni. Una diversa conclusione al fine di consentire l’accesso ai dati di terze persone non è giustificabile alla luce del citato terzo comma dell’articolo 9, il quale attribuendo al richiedente il diritto di accedere ai “dati personali concernenti persone decedute”, “fa chiaro ed esclusivo riferimento ai dati della persona deceduta, ma non autorizza l’accesso ai dati personali non riferiti al de cuius, come i terzi beneficiari dei contratti stipulati dal primo, i quali, nel caso di assicurazione sulla vita, acquistano un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione come previsto dall’articolo 1920 terzo comma c.c”.
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