
09 Ott Mobbing: non sussiste se il datore di lavoro sanziona il lavoratore ritardatario, decurtandogli alcune ore dalla busta paga
Il datore di lavoro che decurta dalla busta paga del suo dipendente delle ore di lavoro a causa dei suoi ritardi, non potrà essere condannato per il reato di mobbing. Lo ribadisce la Cassazione con la sentenza 13693/2015. Per una qualificata assistenza, compila il form o invia una email a info@familysmile.it
No mobbing per il datore di lavoro che decurta parte dei soldi al dipendente ritardatario
Secondo la Cassazione, infatti, la decisione dei giudici di merito è in linea con l’orientamento già espresso in altre pronunce dalla stessa Corte, secondo cui “ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo devono ricorrere:
a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio – illeciti o anche leciti se considerati singolarmente – che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
b) l’evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra le descritte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità;
d) l’elemento soggettivo, cioè l’intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi”.
Quindi secondo i Supremi giudici, nel caso di specie, non sussiste il reato di mobbing perché non c’è sproporzione tra la sanzione e le mancanze addebitate, posto che questo tipo di sanzione è “prevista dalla disposizione collettiva, in relazione a mancanze più lievi rispetto a quelle poste in essere dalla lavoratrice”.
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